Hamid-reza Khoyi: scopriamo i robot di trading e i robo-advisor

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HAMID-REZA KHOYI ROBOT TRADING - In un mondo in cui le tecnologie digitali stanno cambiando il modo in cui investiamo, i robo-advisor e i robot di trading stanno diventando sempre più popolari. Ma cosa sono esattamente e come funzionano? Vediamolo con Hamid-Reza Khoyi

Alla scorperta dei robot di trading e robo-advisor con Hamid-Reza Khoyi

I robot di trading

I robot di trading sono software automatizzati che utilizzano algoritmi per analizzare dati di mercato e prendere decisioni di trading. Questi robot sono diventati sempre più popolari negli ultimi anni, grazie alla loro capacità di analizzare grandi quantità di dati in tempo reale e di eseguire operazioni di trading in modo rapido ed efficiente. Possono essere un ottimo strumento per i trader che cercano di massimizzare i loro guadagni e di ridurre il rischio di errore umano. Tuttavia, è importante utilizzarli in modo responsabile e con una buona comprensione di come funzionano e dei rischi potenziali associati al loro utilizzo.

Vantaggi

Ci sono molti vantaggi nell'utilizzo di robot di trading. In primo luogo, questi programmi possono essere molto utili per i trader che non hanno il tempo o le conoscenze per analizzare i mercati in modo efficace. In secondo luogo, possono essere utilizzati per ridurre il rischio di errore umano e per automatizzare alcune attività ripetitive.

I rischi 

Tuttavia, ci sono anche alcune preoccupazioni riguardo all'utilizzo dei robot di trading. In particolare, alcuni esperti del settore temono che questi programmi possano essere troppo sofisticati per i trader inesperti, o che possano essere facilmente manipolati da persone malintenzionate.

Per mitigare questi rischi, è importante che i trader che utilizzano i robot di trading facciano molta attenzione nella selezione del software giusto per le proprie esigenze. Dovrebbero inoltre essere pronti a monitorare costantemente i loro robot di trading, in modo da essere in grado di intervenire in caso di problemi o di anomalie.

In definitiva, i robot di trading possono essere un ottimo strumento per i trader che cercano di massimizzare i loro guadagni e di ridurre il rischio di errore umano. Tuttavia, è importante utilizzarli in modo responsabile e con una buona comprensione di come funzionano e dei rischi potenziali associati al loro utilizzo.

I robo-advisor

I robo-advisor sono piattaforme online che utilizzano algoritmi per fornire consigli di investimento e gestire portafogli di investimenti in modo automatizzato. Questi algoritmi analizzano i dati relativi al profilo dell'investitore, come l'età, la tolleranza al rischio e gli obiettivi di investimento, per suggerire le migliori strategie di investimento.

Ciò significa che i robo-advisor possono essere un'opzione interessante per gli investitori che cercano un modo semplice ed efficiente per investire, senza dover spendere molto tempo o energia per la ricerca e l'analisi dei mercati finanziari. Ma i robo-advisor sono anche in grado di offrire una maggiore diversificazione e una migliore gestione del rischio rispetto ai tradizionali consulenti finanziari. Poiché i robo-advisor utilizzano algoritmi automatizzati, sono in grado di monitorare costantemente i mercati finanziari e apportare modifiche alle strategie di investimento in modo tempestivo.

Costi

Inoltre, i robo-advisor sono anche molto convenienti dal punto di vista dei costi. Mentre i consulenti finanziari tradizionali possono addebitare commissioni elevate per i loro servizi, i robo-advisor spesso offrono costi di gestione molto più bassi. Ciò significa che anche gli investitori con capitali limitati possono beneficiare dei servizi di gestione patrimoniale.

Svantaggi per i robo-advisor

Tuttavia, ci sono anche alcuni potenziali svantaggi nell'utilizzo dei robo-advisor. Poiché questi strumenti di investimento sono automatizzati, non offrono un'esperienza di consulenza personalizzata. Inoltre, poiché gli algoritmi utilizzati dai robo-advisor si basano sui dati storici, potrebbero non essere in grado di prevedere accuratamente il comportamento dei mercati finanziari in futuro.

In sintesi, i robo-advisor sono una delle soluzioni di investimento più interessanti disponibili oggi. Offrono una gestione automatizzata dei portafogli, costi di gestione inferiori e una maggiore diversificazione e gestione del rischio rispetto ai consulenti finanziari tradizionali. 

Tuttavia, è importante valutare attentamente i propri obiettivi di investimento e la propria tolleranza al rischio prima di scegliere di utilizzare un robo-advisor come strumento di investimento.

Differenze tra robot di trading e robo-advisor

I robot di trading, noti anche come algoritmi di trading o trading bot, sono programmi informatici che utilizzano algoritmi complessi per analizzare i dati di mercato e prendere decisioni di trading in modo autonomo. In altre parole, i robot di trading cercano di guadagnare profitto mediante l'acquisto e la vendita di strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, valute e materie prime, sulla base di indicatori tecnici, modelli di prezzo e altre variabili.

I robo-advisor, d'altra parte, sono piattaforme digitali che utilizzano algoritmi per gestire in modo automatizzato i portafogli di investimenti degli utenti. Analizzano i dati del profilo dell'investitore, come la tolleranza al rischio, gli obiettivi di investimento e l'età, per suggerire strategie di investimento appropriate e gestire il portafoglio di investimenti in modo continuo. 

Sono progettati per offrire un servizio di consulenza finanziaria automatizzata e gestione patrimoniale, con costi di gestione generalmente inferiori rispetto ai consulenti finanziari tradizionali.

La principale differenza tra i robot di trading e i robo-advisor è che i primi si concentrano sulla generazione di profitti attraverso il trading di strumenti finanziari, mentre i secondi si concentrano sulla gestione di portafogli di investimenti degli utenti in modo automatizzato. Mentre i robot di trading possono essere utilizzati da investitori esperti per generare profitti a breve termine, i robo-advisor sono progettati per fornire una soluzione di investimento automatizzata a lungo termine, che può essere adatta anche per gli investitori meno esperti o con minori capitali. 

Alcune riflessioni

Queste tecnologie, come abbiamo visto, possono avere molti vantaggi, ma possono essere anche molto pericolose. Per esempio spesso non vengono comprovate la veridicità e l’attendibilità delle informazioni, e non vengono messa nella giusta relazione e priorità di come ci vengono presentati. Ne consegue che rischiamo di basarci su advisor che reputiamo validi e attendibili, ma che in realtà ci daranno degli advise totalmente sbagliati. È necessario che vengano introdotte delle certificazioni, come ad esempio le ISO e altre per la privacy dei dati gli utenti che garantiscono il rispetto del GDPR. 

È così facile manipolare l’output di questo tipo di tecnologie, che possono costituire un pericolo se non usate correttamente. Il loro potenziale però è enorme e in un mondo ideale, per quantità di dati raccolti, velocità di elaborazione, volume, commissioni e costo, sono ben superiori al loro corrispettivo umano. Possono essere una cosa impressionante, ma ancora siamo lontani da questo mondo ideale. 

Hamid-Reza Khoyi: “Obiettivo decarbonizzazione: il nucleare fa parte della soluzione”

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La crisi climatica prima, la guerra in Ucraina dopo, ci hanno portati a riflettere maggiormente sul tema del nucleare. Non ne parlo in termini di arma di distruzione, ma come possibile fonte di energia. Le controversie su questo possibile impiego sono molteplici e quasi tutte legate alla sicurezza degli impianti. Sono vivi nel ricordo di molte generazioni ancora in vita i disastri di Chernobyl e di Fukushima. Ma è ancora valido, oggi, utilizzare questi esempi per fare dell’ostruzionismo all’utilizzo del nucleare come fonte di energia pulita? Proviamo a parlarne insieme. 

Global Warming

Gli accordi di Parigi hanno stabilito che ogni Nazione - ma anche i singoli - deve impegnarsi ad attuare piani che ci permettano di mantenere il global warming sotto 1,5° entro il 2100. Nonostante questo cresce sempre più la paura che le temperature raggiungano il punto di non ritorno tra il 2023 e il 2052. Per questo sono stati intensificati gli sforzi, anche da parte dell’ONU stesso, per trovare quelle che sono le soluzioni, ritenute migliori, per raggiungere il prima possibile gli obiettivi dell'Agenda 2030 in fatto di clima. 

L’IPCC, cioè Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero l’organo dell’ONU che si occupa di valutare la ricerca scientifica in merito al cambiamento climatico, nel 2018 ha quindi pubblicato il “Global Warming of 15°C”. Si tratta di un report basato su 6 mila studi differenti, da cui sono emersi quattro scenari possibili e attuabili, riportati da "L'Avvocato dell'Atomo".

1- Scenario dell’efficienza:

"La domanda di energia cala grazie all’efficientamento dei processi sociali, tecnologici e aziendali entro il 2050. Rimane solo da riforestare. 

2- Scenario della sostenibilità:

Prevede un aumento dell’uso di energie sostenibili e low-carbon, della cooperazione internazionale; pattern di consumo sostenibili e utilizzo di Bioenergy con carbon capture & storage (BECCS).

3- Scenario realistico

Una via di mezzo: la crescita tecnologica e sociale continuano ai ritmi attuali seguendo cicli storici. Le emissioni si riducono cambiando il modo di produrre energia. 

4- Scenario turbo

Crescita globale intensiva. Si inquina a manetta. Come si riducono le emissioni? Con un utilizzo massiccio di tecnologie BECCS e CDR (Carbon Dioxide Removal). 

Cosa hanno in comune questi scenari? Tutti prevedono un aumento dell’uso dell’energia proveniente dal nucleare: dal 59% al 106% entro il 2030; dal 98% al 501% entro il 2050. "

Hamid-Reza Khoyi: “Obiettivo decarbonizzazione: il nucleare fa parte della soluzione”

Il “Global Warming of 15°C” non fa riferimento solamente all’energia nucleare, ma parla anche delle fonti di energia rinnovabili. Sì perché il nucleare non è La Soluzione alla decarbonizzazione ma fa parte delle soluzioni. Il suo utilizzo non potrà, ovviamente, essere esclusivo, ma condiviso. Infatti, sia il nucleare che le rinnovabili hanno dei limiti. 

Partiamo dalle rinnovabili

Sono fonti di energia allenatore e non disponibili in tutto il pianeta. Ad esempio le fonti idrologiche sono limitatamente disponibili e da sole sono insufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico. Per quanto riguarda le biomasse possono invece portare ad un effetto contrario: aumentare il nostro impatto sull’ambiente. Se i gestori di impianti sono più attenti al profitto che al benessere dell’ambiente potrebbero provocare una deforestazione massiccia per aumentare i ricavi.

Il nucleare

Il nucleare è in grado di coprire dal 20 al 70% del fabbisogno di energia. Già questo dato ci mostra come da solo non possa coprire l’intera richiesta, anche se si tratta di numeri nettamente superiori rispetto alle rinnovabili prese singolarmente. La vecchia generazione di reattori però ha bisogno di un ingente numero di risorse idriche per funzionare e questo la rende inutilizzabile e altamente pericolosa in quelle zone a rischio sismico e idrogeologico. 

Il connubio tra energia rinnovabile e nucleare però non dovrebbe nascere solo per sopperire alla mancanza di una o dell’altra. Possono essere usate insieme anche per aiutare l’una ad incrementare l’utilizzo dell’altra. Ad esempio, si fa molta fatica ad ottenere i permessi per la costruzione di nuove dighe da utilizzare per creare bacini artificiali per produrre energia idrica.

Se avessimo più centrali nucleari, potremmo utilizzarle, ad esempio, per rifornire quelle già esistenti attraverso sistemi di pompaggio alimentati con energia proveniente dal nucleare. In questo modo si creerebbe un circolo di produzione green che esclude definitivamente l’utilizzo del carbon fossile e fornisce un quantitativo di energia sufficiente. 

Le controversie intorno all’energia nucleare

Le maggiori obiezioni che girano intorno all’energia nucleare, riguardano principalmente due aspetti: la sicurezza e lo smaltimento delle scorie. 

Quando si parla di sicurezza, chi muove obiezioni, sembra alzare un muro che non gli permette di guardare oltre. E cosa c’è oltre? La crescita tecnologica. Stiamo, infatti,  condannando dei sistemi che oggi si basano su centrali di 50 anni fa e non si guarda al progresso e all'evoluzione fatta. Non possiamo basarci sugli errori del passato.

Ci sono state delle stragi - verissimo - ma provengono da errori che ci hanno permesso di imparare. Negli ultimi decenni la tecnologia ha fatto grandi passi in avanti. Le centrali di oggi sono molto più protette e sicure tanto che, adesso, lo scopo degli studi, si concentra sul renderle più piccole, in modo da occupare meno spazio sul territorio. 

Le centrali, in futuro, potranno anche occupare meno spazio, ma c’è bisogno che qualcuno conceda quello spazio per poterle impiantare. In Italia, ad esempio, sono molti i luoghi individuati per poter accogliere una centrale nucleare, ma nessuno vuole renderli disponibili. Perchè? Tutti hanno paura delle scorie radioattive. Non ho le competenze tecniche per potervi dare tutte le spiegazioni di cui avreste bisogno, quindi vi invito a leggere questo approfondimento dell’Associazione Italiana Nucleare, che parla proprio dei rifiuti nucleari.  

Quello che posso dire è che non possiamo giocare allo scaricabarile con la salvaguardia del pianeta. 

Cambiare idea! 

Non è mai troppo tardi per cambiare idea. Vi faccio l’esempio della Svizzera. Qui ci sono quattro impianti nucleari attivi ed è stato deciso che entro il 2025 andranno chiuse tutte. Per il momento solo una è stata disattivata, ma solo nel 2034 potrà essere utilizzata l’area della centrale dismessa.

Per le altre 3 non sappiamo ancora nulla ed è molto probabile che non si arriverà allo spegnimento totale. Lo stato attuale degli eventi potrebbe infatti portare alla decisione - a mio avviso più appropriata - di rinnovare le centrali ancora attive, che risalgono agli anni 70. 

Ovviamente non possiamo dire che il nucleare sia perfetto, ma non possiamo nemmeno negare i benefici che può portare e i grandi passi in avanti che sono stati fatti. Non lo escludiamo a prescindere ma accogliamolo ed integriamolo con le altre fonti di energia green e salviamo il nostro Pianete. 

Hamid-Reza Khoyi risponde ad alcuni quesiti sull'aumento del costo dell'energia

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HAMID-REZA KHOYI COSTO ENERGIA - Negli ultimi mesi moltissime persone in tutto il mondo hanno ricevuto bollette del gas e dell’energia elettrica decisamente più care rispetto a un anno fa. Di fronte a costi quasi quintuplicati in pochi mesi i privati cittadini hanno poche possibilità di limitare le conseguenze e per questo motivo il governo è intervenuto per limitare gli aumenti. Non è bastato: anche con gli aiuti del governo l’aumento del costo dell'energia ha influito molto sulle casse del popolo. Ma quali sono le cause di questi aumenti? E si può agire ancora per arginare il problema? Ne ha parlato Hamid-Reza Khoyi

Le cause generali dell’aumento del costo dell’energia 

L’aumento dei costi dell’energia è iniziato già l’autunno del 2021, con il prezzo del gas metano che è raddoppiato nel giro di una notta tra il 30 settembre e il 1 ottobre. Da questa prospettiva sembra quasi che la guerra tra Russia e Ucraina non sia la causa dell’aumento dei prezzi, o almeno che non sia la causa principale. Questo però non è propriamente vero. Il conflitto scoppiato nel cuore dell’Europa ha infatti influito, a mio parere, per il 99%. Il resto, e l’aumento dello scorso autunno, è dovuto alla dipendenza che molti paesi hanno dagli altri in merito al reperimento delle materie prime. Come era per l’Europa dalla Russia. 

Altra causa è  l’incertezza del mercato che si aveva, con la percezioni di mercati impazzi. Io, Hamid-Reza Khoyi sono infatti convinto che una parte della colpa è dovuta alle società di produzione e distribuzione che vogliono guadagnare di più, accentuando il fattore speculativo. Ritengo che sia giusto saperlo e ricordarlo. La guerra ha sì inciso sì per la maggiore, ma è stato anche un forte catalizzatore di una situazione già in bilico. 

Come le Nazioni affrontano l'aumento dei costi

L’incremento dei costi per l’energia ha colpito praticamente tutti i paesi del Mondo, anche se non in egual misura. La differenza più grande, a mio avviso, però riguarda il modo in cui la situazione è stata affrontata. Paesi come Cina, India, Francia e forse anche Italia, stanno reagendo in modo più tempestivo ed efficiente per arginare il problema dei rincari energetici. I transalpini possono, infatti, contare su 56 reattori nucleari, che garantiscono ingenti fonti di energia pulita e ad alta efficienza. Questo permette ai francesi di dipendere molto meno,rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea, da altre Nazioni per riempire le proprie stazioni di stoccaggio dell'energia. 

Per l’Italia il discorso è diverso. Il nucleare non è una fonte di energia presente e ritenuta utilizzabile. Ma i politici del ‘Bel Paese’, seppur con i loro difetti, hanno sempre dimostrato di avere ottime capacità commerciali. Questo, nel tempo, ha permesso all’Italia di stipulare contratti vantaggiosi, per l’intera Nazione. Tra i paesi dell’Unione, lo ‘Stivale’ è quella che per prima è riuscita ad assicurarsi un contratto di fornitura di gas che permettesse di ridurre dal 40 al 25% la dipendenza da quello Russo. 

“L’Algeria è legata all’Italia da un contratto di trasporto per 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno - dichiara Toufik Hekkar, amministratore delegato di Sonatrach, a  24 News. - “L’Italia è qualificata per essere la porta d’ingresso dell’Algeria verso i mercati dell’Europa dell’est”. 

I problemi dell’accordo con l'Algeria

Sul piano superficiale sembra essere un buon affare, e lo è anche. Ma allo stesso tempo, se si va a guardare più da vicino, si nota come l’Italia sia passata da essere dipendente dalla Russia a essere dipendente dall'Algeria, in materia di gas, invece di diversificare la distribuzione. Lo spiega molto bene Sissi Bonomi nel suo articolo sul Sole 24 Ore

“L’Italia si lega sempre di più all’Algeria per le forniture di gas. Ma affidarsi al Paese nordafricano – da cui ormai compriamo più che dalla Russia – non mette completamente al riparo dai rischi: nemmeno da quelli geopolitici, visto che Algeri non solo è un fedele alleato di Mosca (tanto da non aver votato la risoluzione di condanna all’Onu dopo l’invasione dell’Ucraina) ma ha anche dimostrato di recente, nelle relazioni con la Spagna, di non disdegnare l’uso dell’energia come arma di pressione”

Diversificare è forse la vera chiave per risolvere il problema dell’aumento dei costi dell’energia. In questo caso però non mi riferisco a diversificare i fornitori, ma a diversificare le fonti. Dipendere meno dal gas è un’opzione più che valida. C’è quindi il bisogno di investire in altre fonti di energia, che siano green ed economiche, sia in fase di reperimento, che di produzione e distribuzione. Mi riferisco in particolar modo alle fonti di energia rinnovabili e il nucleare. Investire in queste fonti di energia ha senso, ma se fatto con criterio, sfruttando le qualità del territorio per massimizzare il profitto. 

4 Cose da non perdersi sulla Fintech con Hamid-Reza Khoyi

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FINTECH HAMID-REZA KHOYI - La Distributed Ledger Technology (DLT) è una tecnologia che ha il potenziale per modificare l’infrastruttura dei servizi finanziari. Fornisce maggiore trasparenza, efficienza, decentralizzazione, automazione, risparmio sui costi e altri vantaggi. Servirà come pietra angolare per l’infrastruttura dei servizi finanziari del futuro. Oltre alla DTL cosa altro è utile conoscere in merito alla FinTech? Vediamolo con Hamid-Reza Khoyi

Panoramica sulla FinTech con Hamid-Reza Khoyi

La FinTech, tecnofinanza o tecnologia finanziaria è la fornitura di prodotti e servizi finanziari attraverso le più avanzate tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT). Vista la loro natura altamente tecnologica, le imprese tecnofinanziarie sono generalmente nuove imprese che fondano la loro stessa filosofia di affari sulle ICT, contrapponendosi a quello più tradizionale delle aziende già esistenti. I pregi della fintech sono però sotto gli occhi di tutti e anche molte imprese già esistenti stanno cercando di adattare i propri sistemi per usufruirne. Il New York Times data l’inizio dei primi processi di fintech nel 1866 quando Giovanni Caselle contribuì alla realizzazione di un’operazione a distanza da Parigi a Lione. L’operazione consiste nella verifica di firme autografe. Ma è dalla secondo metà del 1900 che cominciano le vere e proprie trasformazioni verso una finanza più tecnologica. Fino ad arrivare a oggi con l’introduzione della blockchain.  La rivoluzione che la catena a blocchi sta portando oggi a incrementare ancora di più i servizi per i clienti, rendendoli più trasparenti, sicuri, efficaci e veloci. 

Facciamo un esempio:

Immaginate di effettuare un pacco da e-commerce, ma non siete sicuri della sua affidabilità. Ad oggi se siete caduti in una truffa ve ne accorgerete solo dopo aver effettuato il pagamento e quando a casa vostra non arriverà nessun pacco; oppure qualcosa arriva ma non è quello  per cui avete pagato. La blockchain può ovviare al problema. Il pagamento alla consegna, allo stesso tempo è un problema per l’azienda perché le truffe possono svolgersi anche al contrario. Con l’utilizzo della blockchain si aggira il problema. Infatti voi potrete ordinare tranquillamente il vostro pacco e aspettare che il corriere ve lo recapiti a casa. Nel momento in cui la merce si troverà nelle mani del corriere e nelle vostre il fattorino potrà scansionare un codice univoco presente sul pacco e dare il via al pagamento. In quel momento basterà solo che anche voi scansionate il codice sul pacco per autorizzare il pagamento. Conclusa questa veloce operazione, l’azienda da cui avrete effettuato l’acquisto si vedrà recapitare il denaro istantaneamente. 

Non so dire se il mercato finanziario sia pronto ad accogliere la rivoluzione della fintech, ma dovrà prepararsi se non vuole essere sopraffatto. Facciamoci trovare pronti anche noi apprendendo alcuni aspetti. 

1- Lending

Lending, in finanza, indica una erogazione diretta di finanziamenti da parte di soggetti non bancari. Costituisce un notevole mezzo per le aziende per diversificare le fonti di finanziamento. Utilizzate le tecnologia della fintech nel lending permette di spezzare il sistema tradizionale - vai in banca, parla con l’intermediaria, avvia le pratiche - rendendo tutto più pratico ed efficiente. Basta infatti registrarsi ad un portale che opera su blockchain, dimostrare di rientrare in certi parametri e nel giro di qualche secondo avremo accesso al denaro. 

Alcuni dati

In Italia il lending costituisce il 9% del totale di società censite dall’Osservatorio FinTech Italia. Il settore della fintech lending dal 2016 ad oggi ha fatto registrare una crescita di fatturato pari a +29%. 

2- Capital Market e trading

Il capital market è un mercato finanziario in cui vengono acquistati e venduti titoli di debito a lungo termine o garantiti da azioni. Si differenzia dal mercato monetario in cui vengono acquistati e venduti debiti a breve termine. Per trading - conosciuto anche con l'acronimo inglese TOL - si intende la compravendita di strumenti finanziari tramite internet. L’utilizzo di blockchain, intelligenza artificiale e advanced analytics hanno portato ad una semplificazione nello scambio di titoli tra le varie parti, maggiore efficienza e trasparenze nelle operazioni di negoziazione, acquisto e vendita. Il numero di intermediari si è ridotto e in alcuni casi anche annullato poiché si svolge tutto tra chi vende e acquista senza un terzo passaggio nel mezzo. Ancora non stiamo assistendo ad un capital market e trading del tutto privi di intermediari, poiché significherebbe fare affidamento solo ed esclusivamente alla blockchain, un sistema che renderebbe tutte le operazione pubbliche. Ma le persone non sono molto favorevoli a rendere noto sempre tutto quello che acquista e tutto quello che vende. 

3- Crowdfunding

Nelle attività di raccolta soldi a scopo di beneficenza e avere la certezza di dove finirà il denaro donato garantisce una maggiore riuscita dell’operazione, poiché tranquillizza i donatori sull’affidabilità dell’ente a cui si sta affidando. La capacità di monitorare con precisione dove finiscono i singoli centesimi donati da privati o aziende rende la blockchain un ottimo alleato. Inoltre è possibile dare la possibilità di sbloccare il denaro donato solo al momento del suo utilizzo da parte dell’ente richiedente, cosa che renderebbe l’operazione ancora più sicura. I crowdfunding attraverso blockchain permettono anche di aprirsi a nuovi mercati e di attirare nuovi investitori che prima non sarebbero stati raggiunti. 

3- Green FinTech

La transizione ecologica è un trend molto importante che tutti i settori e tutti i privati devono seguire. Con la fintech si riesce a perseguire lo scopo anche nel settore della finanza, per il quale è sempre più importante. Uno dei fattori green che più coinvolge la blockchain è l’eliminazione della carta. Ma non è il solo. I green bond sono un altro aspetto molto importante. Rappresentano un comparto ancora di minoranza ma il loro utilizzo sta crescendo molto rapidamente. Una ricerca condotta dalla Global Sustainable Investment Alliance ha rivelato che gli investimenti sostenibili al 2020 valevano più di 35.000 miliardi di dollari. Dato che ha fatto registrare una crescita di circa il 50% rispetto al 2016.

5 trend per un business sostenibile - Hamid-Reza Khoyi

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TREND BUSINESS SOSTENIBILE - La consapevolezza ambientale è in aumento e per il 2022 sarà sempre più un elemento focale. Vi guarderanno sia i consumatori che le aziende. Hamid-Reza Khoyi ha riassunto in 5 punti quelle che saranno le tendenze per l’anno in corso. 

5 trend per un business sostenibile 

1. Dati

Uno degli obiettivi che le aziende cercheranno di perseguire per il 2022 sarà quello di rendere misurabile il proprio impatto ambientale. Un primo passo in questa direzione è svolgere accurata cartoteca o inventario. In questo modo si può passare alla verifica dell’infrastruttura, dei macchinari, del cibo, dei trasporti dei dipendenti. Una volta fatta una lista ben organizzata si può procedere a calcolare l'impatto ambientale per ogni voce. Il processo da attuare non è semplice, specialmente in fase di avviamento. Per renderlo più semplice è importante partire presto. 

Dal punto di vista pratico ed economico per partire ad analizzare il proprio impatto ambientale un'azienda deve sostenere costi interni, a volte alti, ma che in un lasso di tempo ragionevole, porteranno benefici. Ovviamente lo sforzo iniziale sarà diverso da azienda ad azienda. Per cercare di ridurre i costi di avviamento potrebbe essere interessante partire da sondaggi interni, relativi, ad esempio ai dati compatibili. Altra mossa da non sottovalutare quella di ragionare sullo stabile dove opera l’impresa. 

Come addetto aziende diverse possono avere modalità, costi e problematiche diverse nel rendere misurabile il proprio impatto ambientale. Però una volta messo in atto il processo sarà simile a raccogliere altri tipi di dati finanziari e redigere un bilancio. Inoltre nel medio-lungo termine questo tipo di approccio porterà dei benefici andando a ridurre anche alcuni costi finanziari. Benefici possono arrivare anche dalla comunicazione e condivisione dei propri dati con i consumatori. 

2. La finanza punta alla sostenibilità

Gli stimoli a rendere il proprio business più sostenibile arrivano da ogni parte. Non ultimo il mondo della finanza. Infatti c’è sempre più la tendenza ad investire su realtà green. Questa attenzione stimola le imprese, quotate in borsa, o con l’intenzione di farlo, a rendersi più sostenibili possibile. Non solo in materia green, ma guardando anche a tutti gli altri aspetti della sostenibilità. A sostegno di ciò una ricerca sostiene che il 53% dei grandi player nel settore finanziario dice che la sostenibilità sarà "centrale" per il loro business in futuro. Sono dati da non sottovalutare. 

3. Coerenza

Nei trend per un business più sostenibile non può non mancare la coerenza. Il fenomeno del Greenwashing è molto diffuso. Dopo due anni di pandemia, però i consumatori hanno imparato a compiere scelte più oculate e a stare molto attenti a questo tipo di comportamento. Diventa quindi sempre più fondamentale per un’azienda essere coerente con quanto fa e quanto dichiara. I messaggi che il business manda devo essere in linea con il proprio operato. Altrimenti rischiano che tutti gli si rivolti contro come un boomerang.

4. Fornitori e fonti di energia rinnovabili

Il quarto trend è forse quello che più rende possibili anche gli altri. Scegliere di affidarsi a fornitori e fonti anch'essi sostenibili semplifica di molto le cose per il nostro business. Infatti nel medio e lungo termine può anche aiutare e portare un vantaggio nella riduzione dei costi. Inizialmente richiede certamente un ingente investimento, ma in un lasso di tempo ragionevole porta benefici e andrà a pesare sulla capacità di investimento dell’azienda. 

In aiuto alle aziende per compiere questo passaggio possono arrivare degli incentivi statali e governativi, ma cambiano da caso a caso. Ovviamente è molto diversa la questione anche nel caso in cui si sia proprietari o meno degli stabilimenti in cui si opera. Essere soggetti ad un affitto non permette la stessa libertà, ovviamente, di essere proprietari.   

Andare incontro ad una scelta del genere peserà anche sui consumatori, ma non necessariamente in modo negativo. Sicuramente si può verificare un aumento dei prezzi del prodotto finale. Ma, come detto in precedenza, gli acquirenti sono sempre più attenti alla sostenibilità, quindi il fatto di avere un prodotto che costa qualcosa in più perchè verde non vuol dire necessariamente perdere fette di mercato. 

Inoltre nel medio e lungo termine affidarsi a scelte 100% green rende le aziende più competitive sul mercato. Sia per quanto riguarda la vendita dei propri prodotti, sia per la scelta dei propri collaboratori. Infatti si andrà ad attirare persone più qualificate perché più interessate a rivolgersi a datori di lavoro convinti di scegliere una strada sostenibile. Lo stesso vale nel caso di business che forniscono beni e prodotti a multinazionali, le quali devono dimostrare di essere green per continuare a rispettare i propri contratti di collaborazione. 

5. Trasparenza verso tutti

Come già ampiamente detto è in corso un processo di consapevolezza maggiore nei confronti della sostenibilità. A sostegno di ciò una ricerca dell’Onu per cui il 70% delle persone è ora più consapevole dell'ambiente rispetto a prima della pandemia. Non solo il 40% vuole cambiare attivamente le proprie abitudini per vivere in modo più sostenibile. Cosa vuol dire questo per un’azienda? Che da ora in poi non dovrà più guardare solo agli interessi dei suoi azionisti, ma anche a tutti gli altri stakeholder. Vi sono compresi quindi investitori, dipendenti, fornitori e consumatori, ad esempio. 

Questo implica non pochi problemi dato che sono categorie diverse tra loro e con bisogni e interessi che non sempre combaciano. L’unica cosa che hanno in comune è la necessità di trasparenza. Fino ad ora l’Onu chiede solo alle aziende più grandi di rendere disponibili i propri dati sulle emissioni, ma ciò non vuol dire che anche le più piccole non debbano farlo. Sicuramente però arriveremo ad un momento in cui anche a loro verrà richiesto esplicitamente. Tanto vale prepararsi prima. Anche perché non è un processo semplice. In primo luogo si deve attuare un cambiamento culturale. Si tratta di un passo difficile. Ma necessario, anche perchè non è lontano un futuro in cui arriveranno dei marchi di qualità che certificano la sostenibilità di una società. Già negli ultimi anni si è verificata una crescita tra le B corp.  

LEGGI ANCHE —> L’economia emergente e uno dei suoi leader – Certified B Corporations

La green economy introdotta da Hamid-Reza Khoyi

Tempo di lettura: 3 minutiGREEN ECONOMY HAMID-REZA KHOYI - Economia verde, blu, circolare sono ormai molti gli aggettivi che sentiamo accompagnare a questa parola. Ma cosa si intende quando li usiamo? A spiegarci Green Economy è Hamid-Reza Khoyi, con accenni anche alla blue economy.

Green Economy e Blue Economy spiegate da Hamid-Reza Khoyi

Cominciamo con il definire cosa si intende per Economia Verde e Blue Economy. Con Green Economy si indica il modello economico volto al raggiungimento del benessere e dell'equità sociale, andando contemporaneamente a ridurre i rischi ambientali e la scarsità ecologica. L’ economia blu altro non è che uno sviluppo dell’economia verde, che orienta i propri interessi verso il mondo marino e oceanico. Là dove la green si prefigge di arrivare ad una riduzione di CO2 entro un limite accettabile, l'economia blu prevede di arrivare ad emissioni zero di CO2.

Il pericolo più grande per questi modelli economici è quello di essere usato per i motivi sbagliati. Sono molti quelli che ritengono, ad esempio, la Blue economy possa essere la risposta all’eventualità di un futuro in cui si registri una perdita di occupazione a causa dell’impiego della robotica e dell’intelligenza artificiale. Molto probabilmente ciò sarà vero, ma limitare questi modelli economici a solo questo utilizza è una cosa sbagliatissima. Lo scopo primario dell’applicazione di green e blue economy non è creare posti di lavoro, ma salvaguardare il nostro pianeta.

L’impegno dei singoli, delle aziende e della politica

Purtroppo ancora non sono molte le aziende che mettono in campo azioni in linea con i principi della Green economy e ancora meno il numero di quelle che lo ritengono un progetto fattibile. L’impegno deve venire da parte di tutti.

L’Europa ad oggi produce il 10% dell’inquinamento a livello globale, contro India e Cina che ne producono quasi la totalità. Se però aspettiamo che siano le grandi potenze le prime a muoversi non andremo da nessuna parte. Da qualche parte si deve cominciare per dare il via al cambiamento e i primi siamo noi. L’impegno dei singoli parte dall’attenzione negli acquisti, al consumo e alla provenienza dei vari prodotti. Fare acquisti oculati però richiede impegno e tempo. Un'agevolazione potrebbe arrivare dalle istituzioni con l’introduzione di un marchio o di una certificazione riconosciuta a livello globale che aiuti il consumatore a distinguere chi rispetta i principi della green economy e chi no.

Limiti e potenzialità della Green Economy individuati da Hamid-Reza Khoyi

Come abbiamo detto i consumatori giocano un ruolo importante nell'attuazione dell’economia verde. Molto spesso però essi possono non essere incentivati a compiere azioni verdi dalla maggiorazione che i prodotti realizzati secondo le regole green possiedono. Per questo la domanda potrebbe andare a diminuire di giorno in giorno, comportando un ulteriore rincaro dei prezzi dei prodotti in linea con l’economia verde, che a sua volta porterà ad una riduzione maggiore della domanda.

L’economia verde ha anche le potenzialità per diventare un forte alleato dell’economia dei piccoli paesi. Infatti questi, avendo un’economia agli inizi hanno più facilità nell'attuare le mosse necessarie per rendere la propria economia green, rispetto alle grandi realtà che hanno situazioni già affermate da decenni. Se riescono ad immettersi nel mercato avranno maggiori possibilità di creare una forte rete concorrenziale con l’occidente dove la domanda di prodotti green è molto alta, a discapito di un’offerta di basso livello e alto costo.

Fallo perchè è giusto non perchè devi

L’attuazione dell’economia verde non deve essere un peso per le aziende ma una necessità. Un qualcosa che si fa, non perché si deve ma perché si vuole, per il nostro bene, quello del Pianeta che ci sostiene e per le generazioni a venire. Se un’azienda sceglie l’economia verde perché ci crede avrà sicuramente più successo e riuscita di una che lo fa perché deve e saprà mettere in campo le azioni migliori e più fruttuose. Questo è il pensiero di Hamid-Reza Khoyi sulla green economy.

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Audit finanziario spiegato da Hamid-Reza Khoyi

Tempo di lettura: 3 minutiAUDIT HAMID REZA KHOYI - Un’azienda o un imprenditore deve essere sempre in grado di garantire la stabilità economica e la correttezza delle proprie azioni. Ma la sola parola non basta, devono essere messe in atto anche delle vere e proprie verifiche che accertino la veridicità di quanto riportato. Questa operazione ha un nome: Audit e Hamid-Reza Khoyi ce la spiega.

Che cos'è un audit finanziario, ce lo dice Hamid-Reza Khoyi

L’audit è una verifica di tipo finanziario dello stato di salute finanziaria di una società o di una persona fisica. Questa pratica prende il nome dal termine latino “audit”, appunto, che sta per “ascolto”. Già in uso nell’Antica Roma, “stava ad indicare i soggetti che controllavano l'amministrazione del denaro pubblico tramite l’audit dei risultati contabili”.

Oggi è tuttora in uso ma ha ampliato le sue funzioni. Viene utilizzato per valutare se sono rispettate le procedure in obbligo, se i vari ruoli e doveri all’interno dell’azienda sono definiti in modo chiaro e rispettati. Le verifiche sono valide per ogni tipo di azienda, dalle piccole alle grandi, e per ogni grado di rischio.

Un audit finanziario prevede varie fasi che si concludono con la redazione di una documentazione che accerta:

Il soggetto dell’analisi (azienda o privato) dimostra che la sua situazione è sicura e stabile.

Tale documentazione è poi messa a disposizione di tutti gli interessati al soggetto dell’analisi come gli stakeholders, gli azionisti e le banche.

Le fasi di attuazione dell’Audit Finanziario

Quando ci si deve approcciare all’audit finanziario, dichiara Hamid-Reza Khoyi, è importante rispettare tre fasi. Vediamole in dettaglio.

Si tratta della fase più delicata, quella in cui si pianificano tutte le attività di audit che si dovranno svolgere nel corso di un anno. Sì perché l’audit è un processo continuo che deve essere sottoposto periodicamente a controllo, per verificare come la situazione muta nel tempo. Ogni intervento deve:

In questa fase si individua perfettamente quale è la situazione della società o del privato soggetti dell’audit e si comincia a svolgere il processo vero e proprio, rispettando le attività programmate in precedenza. Per ogni momento è essenziale raccogliere e catalogare minuziosamente tutta la documentazione fornita in modo da poter avere tutto a portata di mano in caso di necessità. Ogni azione fatta e controllata deve presentare una documentazione a supporto.

I soggetti finanziari interessati all’audit, in questa fase, verificano la veridicità della documentazione raccolta. Si procede quindi alla verifica, ad esempio, delle transizione. In caso di necessità può essere fatta richiesta di ulteriore documentazione.

Una volta conclusasi la fase di verifica e raccolta della documentazione si può procedere a stilare un rapporto, dove vengono inserite le conclusioni tratte dall’audit finanziario. Il documento finale sarà poi reso disponibile a tutti coloro aventi interesse nei confronti del soggetto dell’operazione. Può essere ordinario, se relativo ad una singola attività tra le tante previste, o consuntivo, se facente riferimento a tutta l’attività di audit programmata nell’arco di un anno.

Hamid-Reza Khoyi mette in guardia dagli errori dell’audit 

Quando si procede ad un audit finanziario è necessario essere molto accurati nella raccolta della documentazione. Inoltre tale materiale deve essere accurato e verificato, perché chiunque vi entri in possesso deve essere in grado di giungere alle nostre stesse conclusioni. Non si deve mai essere precipitosi nel compiere l’analisi e nell’archiviare la documentazione perchè:

“ciò che non è stato documentato non è stato verificato”

Come la Svizzera sta combattendo l’inflazione

Con Hamid-Reza Khoyi alla scoperta dei trust services

Tempo di lettura: 3 minutiHAMID-REZA KHOYI TRUST SERVICES - Per i singoli privati o per le aziende è sempre più importante disporre di servizi finanziari, bancari e assicurativi capaci di salvaguardare e tutelare i propri beni. Non solo è importante anche rendere più semplice la costituzione di una nuova società, per questo ci sono i Trust Services che ci spiega Hamid-Reza Khoyi.

Hamid-Reza Khoyi introduce i trust services

Il trust è uno strumento giuridico che, nell'interesse di uno o più beneficiari o per uno specifico scopo, permette di strutturare in vario modo "posizioni giuridiche" basate su legami fiduciari. I trust services sono invece una serie di servizi utilizzati per applicare o implementare il trust. Vi rientrano la domiciliazione di società, le richieste per risiedere in un board societario, la salvaguardia del patrimonio aziendale. Si parla perlopiù di servizi resi ad un cliente aziendale, ma possono essere applicati anche a livello familiare.

I protagonisti dei trust services sono due entità: il settlor, colui che richiede il servizio del trust; il trustee il soggetto che, come Hamid-Reza Khoyi, si occupa di operare i trust services. Spesso gli oggi dei servizi di trust non solo monetari, ma anche immobili, come edifici, dossier finanziari o partecipazioni di quote aziendali. In ogni caso, nel momento in cui vengono trasferiti al trustee essi non diventano di sua proprietà, ma vengono solo salvaguardati e gestiti da esso.

Allo stato attuale sono sempre più coloro che si affidano ai trust services per tutelare i propri beni personali e renderli separati da quelli societari o aziendali. Affidandoli ad un trustee infatti i beni diventano inespugnabili, e sono difesi da qualunque conseguenza legata ad un'attività professionale rischiosa da parte del settlor o da comportamenti personali non appropriati. Lo stesso vale anche nel caso in cui si passino al trustee beni legati all’azienda.

I professionisti del settore 

I trust services di cui è possibile disporre oggi sono per lo più: domicilio, schermatura, salvaguardia della privacy e creazione di veri e propri trust finanziari per risolvere, ad esempio, problemi di successione.

Per gestire questo tipo di operazione è importantissimo affidarsi ad un professionista, e che questo sia riconosciuto come tale. Infatti un esperto può garantire la tutela della sfera privata e dare un vantaggio a l'iniziazione di certe attività, come la fondazione di una start-up. Il trustee non è una nemesi del settlor, che pensa solo di entrare in possesso dei suoi beni,  ma una figura giuridica che ha come scopo la salvaguardia degli interessi del suo cliente.

Nell'ambito dei Digital Trust Services - di cui Hamid-Reza Khoyi parla nel prossimo paragrafo - le figure professionali di riferimento, chiamate Trust Services Provider, sono riconosciute a livello dell’Unione Europea e Svizzera. Si tratta di una persona o un'entità giuridica che fornisce e preserva certificati digitali per creare e validare firme elettroniche e per autenticare i loro firmatari. Per essere riconosciuti come tali i loro nominativi devono comparire all'interno di una lista ufficiale.

Introduzione di Hamid-Reza Khoyi ai Digital Trust Services

Come Hamid-Reza Khoyi ha già anticipato esiste una classe particolare di trust services. Si tratta dei Digital Trust Services che secondo la definizione data dall’articolo 3.16 del Regolamento eIDAS sono:

Disporre di questo tipo di servizio è fondamentale per la società di oggi visto la direzione e la forza con cui si sta imponendo la Transizione Digitale. Sono sempre più le operazioni di qualsiasi tipo che vengono svolte esclusivamente online e a distanza. Non solo aumenta anche da parte dei clienti la richiesta di servizi digitali capaci di agevolare molte attività. Importante però è rendere questi scambi trasparenti e sicuri, per questo sono sempre più i digital trust services provider riconosciuti e certificati. La loro presenza nelle transazioni dà più peso ai servizi di digital trust effettuati e li rende anche più inattaccabili a livello giuridico, rispetto a quelli non mediati.

Know your client: Hamid-Reza Khoyi introduce l’argomento

Tempo di lettura: 3 minutiKNOW YOUR CLIENT HAMID-REZA KHOYI - Investire non è così facile, come non è facile per chi si occupa di gestire il portafoglio clienti essere a conoscenza dello storico della persona e del suo denaro. I consulenti in materia, per svolgere al meglio il proprio lavoro, devono conoscere il più possibile gli investitori per poter usufruire del loro denaro nella maniera più proficua. Per farlo hanno a disposizione una serie di strumenti tra cui il “Know your client, scopriamolo insieme ad Hamid-Reza Khoyi.

Know your Client: di cosa si tratta?

Il Know your Client è uno strumento utilizzato per verificare l’identità di un cliente e valutare potenziali rischi o intenzioni illegali nel rapporto con il cliente. I consulenti d’investimento ad esempio lo utilizzano per accertarsi della situazione patrimoniale del proprio assistito e che questo non sia inserito nella “lista nera” o altro. Questo strumento è utile anche per i revisori di conti per i quali però assume il nome di “Understand your Business”. In generale i campi di applicazione sono molteplici.

Le fasi della procedura di KYC sono tre:

In questa fase si raccolgono tutte le informazioni base dell’assistito mediante la compilazione dei documenti primari. Si richiedono quindi tutti i dati anagrafici dell’utente e si verificano tramite l’utilizzo di credenziali come nome, data di nascita, indirizzo, o altri documenti. In questa fase vengono messi a disposizione anche i moderni strumenti di screening del cliente messi a disposizione dalla moderna Fintech.

A questo punto si verifica l'identità del cliente e se ne valuta il profilo di rischio utilizzando le credenziali dell’utente raccolte. Si verificano quindi la natura giuridica del cliente, l’attività prevalentemente svolta, l’area geografica di residenza.

Svolgere il KYC solamente in fase conoscitiva del cliente non è sufficiente. Deve esserci un monitoraggio continuo nel tempo per verificare che le informazioni raccolte inizialmente continuino a valere e che l’utente si comporti correttamente anche nel tempo.

Know your client: Hamid-Reza Khoyi ci indica a chi interessa e come si utilizza

Il Know your Client è uno strumento liberamente utilizzabile nel mondo economico-lavorativo, ma ci sono figure che hanno l’obbligo di attuarlo. Si tratta di banche, intermediari finanziari, trustee, e professionisti di settore.

Queste figure hanno a disposizione molte tecnologie gestionali per farlo al meglio. Ci sono delle direttive che impongono l'obbligo di dimostrare di essere in possesso dei software addetti alla verifica del KYC, ma ognuno è libero di adottare il grado di approfondimento più opportuno. Ovviamente più si pensa che il cliente sia un potenziale rischio più è conveniente fare un’analisi più approfondita.

Strumento importante a supporto dell’antiriciclaggio

Come abbiamo visto è uno strumento molto versatile e che interessa più campi di applicazione, ma il primo scopo per cui è pensato è sostenere le battaglie dell’antiriciclaggio. Le pratiche necessarie per far in modo che il denaro ottenuto illegalmente possano essere utilizzati legalmente, come le frodi assicurative, sono purtroppo difficili da individuare, ma il Know your Client, come afferma Hamid-Reza Khoyi, è un ottimo alleato.

Oggi poi che la maggior parte delle operazioni può tranquillamente svolgersi online, adottare il KYC diventa sempre più fondamentale.

Know your cliente, le prospettive per il futuro prospettate da Hamid-Reza Khoyi

Il mercato offre numerose soluzioni di attuazione del KYC  tra cui un'ampia gamma di algoritmi legati all’intelligenza artificiale capaci di implementare i processi di ricerca e di velocizzarli senza perdere efficienza e sicurezza. Il futuro che ci sta piano piano mostrando la tecnologia permette di guardare molto avanti.

“Chissà forse un giorno la tecnologia ci stupirà talmente tanto che anche la Blockchain potrà rivelarsi uno strumento utile per il Know your Client” - afferma Hamid-Reza Khoyi.

Approfondiamo il tema Greenwashing con Hamid-Reza Khoyi

Tempo di lettura: 4 minutiGREENWASHING HAMID REZA KHOYI - La necessità di combattere i cambiamenti climatici e difendere il nostro pianeta è una questione che deve riguardare tutti. Purtroppo però ancora non c’è da parte dell’opinione comune l’interessamento adeguato, anche se ci si sta, seppur lentamente, muovendo in questa direzione. Le aziende hanno capito che il mercato è sempre più sensibile alla questione ma troppo spesso dicono di essere imprese sostenibili piuttosto che esserlo veramente nei fatti. Il greenwashing è un fenomeno molto diffuso, ma altrettanto dannoso per il pianeta e Hamid-Reza Khoyi ci spiega perchè.

Pericolo greenwashing

Per parlare bene dell’argomento c’è bisogno in primo luogo di spiegare cosa è il greenwashing. Per greenwashing si intende “essere verdi di facciata” ovvero dichiarare di essere un’azienda sostenibile, ecologicamente all’avanguardia, ma non esserlo con i fatti. Le imprese sono portate a farlo per accattivarsi un mercato che è sempre più sensibile al tema della sostenibilità, ma è ancora troppo poco informato. Comunicare di essere un’azienda green affascina il cliente e quindi permette di massimizzare i profitti.

Investire in adeguamenti eco-sostenibili è costoso e ancora non porta a riscontri economici adeguati, quindi praticare il greenwashing rientra in abili questioni di marketing. Purtroppo i consumatori hanno estrema difficoltà a difendersi da questi inganni. L’unico strumento a loro disposizione oggi è quello dell’informazione, ovvero fare ricerche accurate, anche sul web, sull’azienda da cui si vuole acquistare per capire se applicano o meno ciò che affermano.

Boicottare chi fa greenwashing è sbagliato per Hamid-Reza Khoyi

Ci sono soluzioni che potrebbero essere attuata anche dalla politica per cercare di eliminare il greenwashing, ma ne parleremo dopo. Infatti il cambiamento può e deve partire anche dal basso, ovvero da noi consumatori. Dobbiamo essere noi i primi a credere nei valori della sostenibilità e metterli nelle nostre scelte, senza però cadere in errori pesanti.

A mio avviso ad esempio, boicottare in toto un’azienda che si scopre fare greenwashing è sia sbagliato che controproducente. Però si può denunciare e far venire allo scoperto i nomi di chi non opera in maniera sostenibile come afferma. Questa operazione porta a due benefici: - costringere l'azienda incriminata a diventare effettivamente sostenibile; - mettere ancora più in risalto coloro che effettivamente attuano politiche eco-sostenibili.

Noi come consumatori però dobbiamo anche sensibilizzarci maggiormente ed informarci per essere noi stessi più sostenibili e riuscire a scovare coloro che operano greenwashing. Deve cambiare anche il nostro rapporto con il consumo. Non è utopistico pensare infatti alla realizzazione di un consumismo etico, nonostante la società in cui viviamo. È sbagliato imporre cosa comprare ma possiamo pensare di riuscire a fare in modo che il consumatore abbia tutto il necessario per poter compiere azioni etiche e responsabili.

 L’importanza della comunicazione

Uno strumento molto potente di cui dispone chi fa greenwashing è la pubblicità, che sia tramite cartelloni, social, tv, o online. Infatti è tutta una questione di facciata e comunicazione e questi sono i mezzi principali su cui ruota tutto. Purtroppo non si può vietare che ciò avvenga, ma anche qui è necessario che il consumatore abbia l’interesse di approfondire l’informazione e vada a scovare dove si trova la verità.

Per riconoscere se un’azienda è davvero sostenibili si devono andare a guarda alcune cose. Ad esempio si può cercare all’interno della descrizione dei propri valori d’impresa se sono presenti i principi di eco-sostenibilità che si impegnano a seguire. Inoltre in alcuni casi è possibile accedere anche a dati concreti, come per esempio riguardo alle emissioni di CO2. Infatti è possibile monitorare le emissioni e i dati raccolti possono essere riportati pubblicamente così da testimoniare l’impegno effettivo dell’azienda.

Il greenwashing può essere combattuto con l’aiuto dei certificatori come Hamid-Reza Khoyi

In giro non ci sono ancora politiche attuabili che permettono di impedire il greenwashing o almeno ostacolare pesantemente. Però uno strumento importante si sta già affacciando nel mercato. Si tratta delle certificazioni Bcorp. Sono attestati che si ottengono dopo aver dimostrato con i fatti di aver rispettato criteri altissimi di sostenibilità.

“Le aziende certificate devono soddisfare i più alti standard di prestazioni sociali e ambientali verificate, trasparenza pubblica e responsabilità legale per dimostrare che stanno bilanciando profitto e scopo, facendo del bene per tutti gli stakeholder, in altre parole, non solo gli azionisti.”

Come certificatore di conti ritengo questa strada facilmente attuabile e quella giusta. Infatti i governi potrebbero richiedere che le aziende forniscono certificazioni nei quali garantiscono di rispettare certi parametri e le rendano pubbliche, un po’ come succede per le classi energetiche di molti prodotti. In questo modo sarebbe chiaro a tutti se un’azienda dice solo di essere sostenibile o lo è veramente.

In questo senso sarebbe molto importante anche la mia professione perché ovviamente servirebbe che ci siano organi competenti che verifichino l’autenticità delle attestazioni rilasciate. E se noi non facessimo bene il nostro lavoro e sostenessimo chi applica il greenwashing rischieremmo grosso. Infatti, una volta scoperti, perderemmo di credibilità e ne andrebbe anche del nostro business.

Il greenwashing è sbagliato ma accende la speranza

C’è chi ritiene che, nonostante la poca eticità, il greenwashing sia una presa di coscienza e chi invece lo condanna senza mezzi termini. Io mi sento in mezzo a queste due scuole di pensiero. Infatti il fatto che ci siano aziende disposte a farne uso vuol dire che si sente il peso di un mercato che vuole essere sostenibile. Ciò è positivo perché vuol dire che i consumatori si stanno muovendo nella direzione giusta. Però, come dicevo precedentemente non si può rimanere in silenzio. Si deve far conoscere questo fenomeno e si deve smascherare chi lo attua così da costringerlo a mettere in atto azioni di sostenibilità concrete e reali.

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