Stellantis guarda al Marocco? Ecco ancora la ZES!

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Sembrerebbe che il gruppo Stellantis stia guardando al Marocco come possibile base dei propri investimenti. La domanda è semplice: perché lo fa ? perché ci sono tanti inventivi fiscali per le imprese che decidono di stabilire la loro produzione nel territorio del Marocco.

La prima è la ZES !

La ZES ( Zona Economica Speciale ) è di fatto un’“arma” per poter invogliare imprese a investire in un territorio offrendo incentivi fiscali, agevolazioni burocratiche e per attenuare il costo del lavoro; a tutto questo sommando la vicinanza e la disponibilità di un efficiente ed efficace sistema infrastrutturale ubicato nelle immediate vicinanze, in genere un aeroporto, un porto, con ferrovie e strade facilmente raggiungibili.

In diversi Paesi del mondo le ZES sono utilizzate da anni, alcuni hanno addirittura quasi “istituzionalizzato” tale strumento, estendendolo a gran parte del territorio nazionale. 

TANGER MED

Per capire bene il funzionamento della ZES  vediamo ad esempio come sono strutturate le ZES  a Tangeri :

TANGER MED si trova in una posizione strategica a 14 km dalla Spagna e sulla via di passaggio tra Asia, Europa e America; è circondato da una zona franca di attività industriali e logistiche. Tanger Med non è solo porto: è una piattaforma logistica ed industriale di livello intercontinentale interamente gestito dalla Tanger Med special Agency (TMSA).

Tanger Med è anche una Grande Piattaforma Industriale (GIP) che comprende:

È poi presente una zona dedicata alle attività offshoring (Tetouan Shore) che è un outsourcing di servizi call center e che rappresenta un richiamo al nearshoring europeo con un’area di 28 ettari, un investimento complessivo di 120 mln€ e la creazione di complessivi 12 mila posti di lavoro.

Tanger Med prevede speciali procedure doganali, amministrative e sociali:

L’insediamento imprenditoriale è anche facilitato dalla presenza di nuove infrastrutture, ampi spazi per lavorare le merci ed efficienti collegamenti stradali, ferroviari e aeroportuali.

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La situazione in Italia

In ITALIA ecco la norma: Beneficio fiscale previsto dall’art.5 della L.12 agosto 2017 n.123 ;

Credito d’imposta Art.5 co.2

In relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d’imposta di cui all’articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015 n. 208, è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2020 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al medesimo articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno  sette  anni dopo il completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti;

le imprese beneficiarie non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

Il riconoscimento delle agevolazioni fiscali è soggetto alle seguenti limitazioni:

Dal punto di vista doganale i vantaggi per le imprese consistono nella velocizzazione delle procedure e nelle agevolazioni doganali di natura sospensiva riguardanti, ad esempio, i dazi e l'IVA. Bisogna precisare che ancora nulla di realmente concreto si è fatto per rendere operativa questa legge in Italia e poi come al solito ci annodiamo su norme contorte e difficili!!!

MA COSA CI VUOLE A SCRIVERE COME FANNO GLI ALTRI : PER DIECI ANNI PAGHI IMPOSTE RIDOTTE SE INVESTI IN QUESTE ZONE E SE PORTI INVESTIMENTI TECNOLOGICI ED INDUSTRIALI (perché il credito d’imposta )?? perché sempre dobbiamo creare la giungla delle interpretazioni e dei nodi? L’attuale Governo Italiano lo può fare perfettamente perché ha la visione e la coscienza del problema.

USIAMO ANCHE LA PAROLA ESENZIONE LIMITATA NEL TEMPO così come fanno gli altri! CHIAREZZA ,SEMPLICITA’ , APPROCCIO CONCRETO E PRATICO!!!

Pensate Tanger in mezzo al deserto cosa è riuscita a fare; ma vi immaginate in ITALIA CHE INDOTTO ESTERNO CI SAREBBE INTORNO ALLA ZES !!!!!

Stellantis  ha cominciato a studiare ed a verificare  dove poteva avere più vantaggi legali-fiscali-economici rispetto all’Italia; immediatamente una parte d’Italia si è scagliata contro Stellantis senza domandarsi il perché di questa scelta. Uno Stato illuminato deve semplicemente cercare di capire perché l’impresa sta trasferendo la sua sede all’ estero e poi semplicemente cercare di ricreare in Italia quelle stesse condizioni ( o migliori ) economiche-giuridiche che la Stellantis sta trovando in Marocco.

Ilva di Taranto serve la ZES

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L'incontro tra governo e azionisti a Palazzo Chigi sull'ex Ilva di Taranto si è concluso con l'indisponibilità di Arcelor-Mittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza. Attualmente il gruppo franco-indiano detiene il 62% di Acciaierie d'Italia, il 38% invece è in mano pubblica tramite Invitalia.

Ancora non c'è pace per  Ilva di Taranto

Il Governo Italiano sta attuando in modo intelligente, attento e innovativo; ma si può fare di più o meglio si può provare a fare di più!

Dobbiamo avere la completa conoscenza e cognizione della realtà economica in cui viviamo; da sempre scrivo che è  di fondamentale importanza cercare di trattenere nel nostro territorio le imprese straniere  e di  non farle scappare all’estero ( non mi ripeto qui sugli altissimi costi fiscali e del lavoro che abbiamo in Italia ma che l’attuale Governo sta cercando di modificare con una ottima riforma tributaria).

In questa situazione dovremmo semplicemente cercare di capire perché l’impresa Arcelor-Mittal si sta ritirando  e trasferendo le sue  attività all’estero ; e poi semplicemente cercare di ricreare in Italia quelle stesse condizioni  economiche-giuridiche che esistono negli altri paesi più attrattivi dal punto di vista fiscale, burocratico, etc etc .

Cosa fare dunque

  1. Creare incentivi per assunzione dei lavoratori e quindi non caricare tutto il costo del lavoratore all’impresa.
  2. Possibilità per il socio di costituire in Italia società di partecipazione finanziaria ed industriale (capo gruppo)- SPI- con i seguenti vantaggi e condizioni ( quindi la stessa Arcelor-Mittal):

Con riferimento alla distribuzione dei profitti dalla SPI al socio straniero non sarà prevista nessuna ritenuta alla fonte indipendentemente dalle previsioni normative  delle convenzioni per evitare la doppia imposizione firmate.

quindi rendere finalmente esecutiva la Legge che ha creato le Zone Speciali Economiche per i porti del Sud per mettersi in competizione con i porti come Rotterdam, Barcellona, Suez..etc etc .Questo zone speciali consentono di operare con incentivi fiscali convenienti e quindi possono  attrarre investimenti stranieri; la Arcelor-Mittal da questa zona potrebbe vendere i suoi prodotti della  nel mercato internazionale con enormi vantaggi fiscali

Tutto questo permetterebbe aiutare la Arcelor-Mittal a decidere di continuare a lavorare in Italia.

Riforma Fiscale: sostenere lavoratori e imprese

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Il Consiglio dei Ministri del 16 ottobre 2023 ha annunciato una serie di importanti riforme fiscali mirate a sostenere i lavoratori e le imprese in Italia. Queste misure includono un regime agevolativo per i lavoratori impatriati e incentivi per le imprese che trasferiscono la loro attività in Italia da Paesi esteri al di fuori dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo:

Sforzi verso l'attrazione di investimenti stranieri e il ritorno delle imprese italiane

Da tanto tempo scrivo che per rilanciare la crescita del Paese è fondamentale saper attrarre gli investimenti esteri e saper far rientrare le persone e le imprese italiane che si sono stabilite all’estero; finalmente un passo in questa direzione siamo sulla buona strada ma bisogna fare di più ancora di più! La ricetta?sempre la stessa Burocrazia snella, tassazione equa, incentivi e aiuti alle imprese sia sul mercato nazionale che internazionale, fisco amico.

Nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati

ll testo normativo si riferisce ai titolari di reddito di lavoro dipendente, di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e di lavoro autonomo. Viene posta una limitazione quantitativa relativamente all’entità del reddito prodotto (l’agevolazione viene prevista solo per i primi 600.000 euro di reddito) così come viene limitata  la misura dell’agevolazione che passa al 50% dell’ammontare del reddito.

Sempre relativamente alla fruibilità di tale regime vengono altresì previsti specifici requisiti:

Sostenere il trasferimento in Italia

Inoltre, si promuove lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche, attraverso un incentivo fiscale che consiste nella non concorrenza alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP del 50% del reddito imponibile derivante dalle attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata trasferite in Italia e precedentemente svolte in un Paese estero, diverso da uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo.

L’agevolazione si applica nel periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e per i cinque periodi di imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione. Si prevede il recupero del beneficio qualora l’attività economica trasferita, per la quale si è goduto dell’agevolazione, venga successivamente trasferita in uno Stato non appartenente all’Unione Europea e allo Spazio economico europeo durante il periodo in cui si beneficia dell’agevolazione o entro dieci periodi di imposta dal termine del regime di agevolazione. Non sono incluse tra le attività agevolabili quelle esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. Tale limitazione è volta ad evitare che siano agevolate attività già in precedenza esercitate in Italia e trasferite all’estero per poi essere nuovamente trasferite nel territorio dello Stato al solo fine di beneficiare del vantaggio fiscale.

Promuovere la crescita economica a lungo termine

Capacità di attrarre investimenti esteri e capacità di mantenere i soggetti nazionali sul nostro territorio. Così uno Paese cresce, si sviluppa e guarda avanti con progettualità.

Nella maggior parte dei Paesi occidentali alla base della crescita economica c’è sempre la stessa ricetta: burocrazia semplice, equa tassazione, incentivi ed aiuti alle imprese sia sul mercato nazionale che internazionale, fisco amico, possibilità di interloquire con qualsiasi apparato burocratico dello Stato, normative chiare e immediata propensione a modificare indirizzi e norme a seconda delle nuove situazioni dettate dal mercato.

Pare dunque evidente che uno dei passi più urgenti da compiere in Italia vada nella direzione di una riforma tributaria e finalmente i primi passi sono stati fatti! Una riforma che  non deve guardare all’immediato, ma a uno sviluppo futuro con una visione inclusiva e produttiva (una riforma lenta -passo dopo passo- ma costante nel tempo, che cambi completamente le radici dell’impianto tributario).

Se attiro attività sul territorio con incentivi fiscali a breve termine, a lungo termine creerò un indotto economico di crescita e di ricchezza (non solo economica ma soprattutto culturale). Con un piano così strutturato anche le imprese straniere potranno decidere di stabilirsi in Italia.

Avv. Sammarco: "Le riforme non devono guardare all’immediato, ma a uno sviluppo futuro"

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“Le riforme non devono guardare all’immediato, al presente, ma ad uno sviluppo futuro con una visione inclusiva produttiva”.

Cosa ci insegna lo scandalo Qatar in Europa

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SCANDALO PARLAMENTO EUROPEO QATAR - Colleghiamo gli ultimi fatti dello scandalo Qatar in Europa dei sacchi di soldi all’inchiesta “Panama Papers” che  mise in fila operazioni messe in atto da 14 società internazionali incaricate da clienti facoltosi nel gestire capitali miliardari.

Analisi dello scandalo che ha coinvolto il Parlamento Europeo e il Qatar

Nella maggior parte dei casi l’attività principale era stata creare strutture «offshore» e «trust» in paradisi fiscali come Panama, Dubai, Isole Cayman e in paesi deve la riservatezza mette al riparo da controlli fiscali, come Monaco e Svizzera.

Le carte di cui il consorzio era venuto in possesso sono 12 milioni di documenti, ottenuti da 14 compagnie di servizi finanziari in Paesi come le isole Vergini britanniche, Panama, Belize, Cipro, Emirati Arabi Uniti, Singapore e Svizzera.

Corruzione, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale; ma nella maggior parte dei casi, secondo la «Bbc», i documenti avevano dimostrato l'utilizzo di società segrete per acquistare beni — anche in modo legale — di nascosto, nel Regno Unito ed altrove.

Sarebbero state 95 mila le società offshore dietro questi acquisti, ad evidenziare un fallimento del governo di Londra nel predisporre un registro delle proprietà offshore nonostante gli annunci ; e qui possiamo anche leggere Olanda , Irlanda , Lussemburgo, Svizzera e Malta.

Il collegamento tra lo scandalo del Parlamento Europeo e il Qatar con il “Panama Papers"

C’è quindi un filo conduttore che lega tutti questi fatti diPanama Papers”  fino allo scandalo di questi giorni in Europa:

Come si muovono i soldi nei sacchi ? e prima di arrivare nei sacchi da che ente arrivano? dove vengono depositati? come si muovono? ci sono evidentemente  della transazioni bancarie-finanziarie incontrollate , comandate e guidate nelle sedi di banche, finanziarie , trust  localizzate in tutti questi luoghi che abbiamo appena elencato!

Allora insistiamo: La “nostra” UE in primis  deve capire che ci vuole una tassazione equa tra tutti i paesi; quindi una tassazione unica mediata e calcolata tra tutte le aliquote dei paesi della UE, in modo da eliminare definitivamente  la concorrenza fiscale sleale tra i paesi della UE e poi la messa al bando di tutte le pratiche evasive attuate dai Paradisi Fiscali e da i suoi stati europei “protettori” e quindi il controllo preventivo ed il conseguente divieto di tutte le transazioni finanziarie che si svolgono in quei territori al di fuori di ogni controllo valutario legislativo ; ci vuole forza , coraggio e decisione ci vuole una UE nuova, forte ed unita!

Le conseguenze

Ribadiamo che  in ogni caso chiaro che poi ogni paese della UE , una volta realizzata questa grande rivoluzione fiscale europea, avrà sempre la propria autonomia per decidere una normativa fiscale conveniente per incentivare gli investimenti stranieri nel proprio paese ; ma sempre nel marco giuridico-tributario deciso e delineato dalla UE

In ogni caso  l’Italia dovrebbe finalmente fare questa riforma tributaria e riportare le aliquote delle imposte a livelli normali. Con un fisco più umano e normale con aliquote dal 15% al 20% forse nessuno scapperebbe dal nostro bel paese  ( in Irlanda in questo momento l’aliquota dell’imposta sulla società  è al 12% )

Le nostre imprese non avranno la necessità di andare all’estero per svolgere la loro attività ; ma questo è un altro discorso ma ritengo comunque sia importante ricordarlo perché è un altro modo per combattere il nero e l’evasione fiscale ed collegato al problema di cui stiamo parlando.

Per capirci meglio vediamo come funziona il Sistema tributario olandese (che si può anche leggere anche Irlanda, Lussemburgo, Malta, Svizzera e Regno Unito)

a) possiede un sistema per cui lo Stato può direttamente trattare la tassazione dei grandi gruppi che decidono di stabilirsi sul territorio olandese (per questo ci sono tantissime multinazionali, il cui elenco è lunghissimo);

b) la BV è una società holding che secondo le norme interne non viene tassata sui dividendi e plusvalenze che riceve dalle sue partecipate ovunque residenti nel mondo;

c) negli anni 80, 90 e parte del 2000 le Antille Olandesi sono state il terminal di arrivo di tutti i fondi, dividendi, plusvalenze, utili che provenivano dalla BV;

In altre parole si costituiva la BV, il socio della BV era una scatola vuota nelle Antille Olandesi, cioè una società con titoli al portatore che venivano poi depositati in un trust (sempre nelle Antille Olandesi) con Beneficial Owner (ultimo proprietario) del quale non si poteva conoscere mai l’identità. Dunque la BV riceveva i dividendi e le plusvalenze come detto nel punto b) non pagava imposte in Olanda e ridistribuiva i dividendi alla società nelle Antille Olandesi dove a sua volta non si pagavano imposte e quindi il Beneficial Owner si creava la sua cassaforte locale e da lì con lo stesso strumento poteva reinvestire in altre attività nel mondo.

d) A partire dalla metà degli anni 2000 ECOFIN ed UE hanno cominciato a stringere un po’ la mano su queste operazioni ma la trattativa segreta sulla tassazione delle multinazionali e la BV (con l’esenzione sui dividendi e le plusvalenze) sono ancora lì come in Lussemburgo, Malta, Irlanda, Regno Unito e Svizzera.

Conclusioni

Cosa abbiamo capito dai punti precedenti? Che per decenni quindi la ricchezza dell’Olanda&Co  si è basata sull’essere un paradiso fiscale legalizzato nella UE! Ma la colpa non è dell’Olanda&Co ma della UE che non ha messo un freno a queste attività.

Attività che, come si vede, non sono solo nelle aliquote; ma, ancora più importante e grave, in pratiche evasive previste da specifici accordi statali con i loro protettorati e non ! e quindi con la possibilità di fare operazioni finanziarie al di fuori di ogni controllo valutario e giuridico.  

Infine è palese anche l’inutilità della discussione sul tetto al contante ….chi fa queste transazioni e porta i sacchi di soldi in spalla  ride su questa discussione.

I controlli che bisogna fare sono altri, ma ci vuole volontà, impegno, decisione e unità d’intenti.

La collaborazione volontaria è necessaria e utile

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COLLABORAZIONE VOLONTARIA - Il governo studia una nuova sanatoria per il rientro dei capitali dall'estero. La motivazione con cui il governo vuole presentare una nuova edizione della collaborazione volontaria, è la stessa di quella contenuta nella circolare dell'Agenzia delle Entrate del 13 marzo 2015: "Promuovere, attraverso l’adozione di una procedura straordinaria, la collaborazione volontaria del contribuente per consentirgli di riparare alle infedeltà dichiarative passate e porre le basi per un futuro rapporto col Fisco basato sulla reciproca fiducia".

Andiamo nel dettaglio della circolare dell'Agenzia delle Entrate del 13 marzo 2015

Quella circolare dettaglia le modalità operative della collaborazione volontaria : al contribuente infedele, che aveva occultato capitali detenuti all'estero, è stata data la possibilità di autodenunciarsi. A fronte di un pagamento integrale delle somme dovute, allo stesso contribuente è stato concesso uno sconto sulle sanzioni amministrative.

Ma il punto sensibile della collaborazione volontaria è che le maglie delle concessioni si sono allargate all'ambito penale, prevedendo la depenalizzazione di alcuni reati fiscali. Sono quelli indicati nella legge che ha istituito la stessa collaborazione volontaria  e che fanno riferimento, tra gli altri, alla dichiarazione fraudolenta tramite l'utilizzo di fatture o altri documenti inesistenti, ma anche alla dichiarazione dei redditi infedele, ancora all'omessa dichiarazione e all'omesso versamento dell'Iva.

La collaborazione volontaria  puntava a censire i contribuenti infedeli, che infatti hanno dovuto presentare una richiesta di accesso alla procedura fornendo alle Entrate tutti i dati sugli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all'estero, sia a titolo personale che per interposta persona.

Quando cominciai la mia professione come giovane avvocato tributarista mi ricordo che già nel 1987 l’OCSE diceva all’Italia che la nostra pressione fiscale era troppo alta ,che avevamo il record mondiale di numero di leggi e leggine e che la nostra burocrazia era una giungla!

E’ passato tanto tempo dal 1987 ma le cose non sono migliorate.

La mia esperienza da avvocato fiscalista all'estero

Ho lavorato per tanti anni all’estero e con grande orgoglio sono stato al fianco di tante PMI Italiane che con una grandissima professionalità e preparazione sono riuscite e riescono a penetrare in tutti i mercati del mondo; ci viene riconosciuta dovunque  la nostra grande qualità imprenditoriale - industriale di altissimo livello tecnologico.

Viaggiando ,vivendo e lavorando per più di 20 anni in vari paesi del mondo ho appreso anche come funzionano i vari apparati statali stranieri e come è strutturata la burocrazia a tutti i livelli. Dalla Spagna agli USA al Cile passando per il Regno Unito un'unica voce e musica:

L'esperienza italiana

In Italia non riusciamo ad andare avanti sulle riforme e sulla grande rivoluzione dell’apparato amministrativo. Dobbiamo creare le condizioni per essere centrali e punto di riferimento anche nelle operazioni economiche internazionali così come fanno le altre nazioni. Le imprese cercano condizioni ottimali dove poter investire e produrre. Incentivi che si possono dare per fatto di assumere personale locale; per fatto che;

Ancora: le infrastrutture ed i collegamenti sono fondamentali per la crescita economica ed imprenditoriale di un'area geografica. Dal primo gennaio 2018 c’è una legge in vigore in Italia che riguarda la Zona speciale Economica. Coinvolge tutti i porti del sud d’Italia scritta e realizzata sui modelli delle zone franche di Barcellona , Rotterdam ,Suez etc etc. Ma nessuno quasi lo sa e la cosa più grave è che nessuno fa niente per portare avanti questi progetti.

È anche  di fondamentale importanza cercare di trattenere nel nostro territorio le imprese italiane e di non farle scappare all’estero e quindi anche con i loro capitali e questo lo si fa esattamente come appena ho precisato sopra.

Alcuni esempi

Un esempio per tutti: ricordo il caso FCA che ha trasferito la sede da Torino a Londra ed Amsterdam.  Quando finalmente la FCA FIAT è diventata un'impresa privata (io ritengo che per 60 anni siamo stati noi i finanziatori della FIAT), grazie a Marchionne, ha cominciato a studiare ed a verificare dove poteva avere più vantaggi legali-fiscali-economici rispetto all’Italia. Fatto il cambio ed il trasferimento della sede, immediatamente tutti in Italia contro Marchionne che era diventato un traditore delle patria etc etc!!!

Uno Stato illuminato avrebbe semplicemente cercato di capire perché l’impresa stava trasferendo la sua sede all’estero. Solo poi avrei semplicemente cercato di ricreare in Italia quelle stesse condizioni (o migliori) economiche-giuridiche che la FIAT FCA aveva trovato all’estero.

Far rientrare i capitali che sono all’estero è un altro sistema fondamentale  per far girare la nostra economia e per rimettere in circolo soldi nel nostro mercato che in caso contrario rimangono e rimarrebbero nel mercato internazionale. Si chiude il conto e si ricomincia; cerchiamo di essere pragmatici e realisti.

 Servono soldi. La collaborazione volontaria  serve anche a questo ma non solo!

Da questo discorso è chiarissimo che rimane fuori tutto quello che è riciclo, mafia, narcotraffico etc etc!

La nuova proposta di alzare l'uso del contante a 10.000 euro

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PROPOSTA ALZARE CONTANTE - Si parla di alzare il limite dell’uso contante a 10.000 euro; e immediatamente si alzano voci di allarme di più nero e più corruzione. Per combattere l’evasione ci vogliono altri sistemi ed altre procedure sempre conseguenti ad una profonda riforma tributaria.

Riflessioni veloci sul punto :

Sarebbe meglio: DEDUZIONE DI TUTTI I COSTI 

La soluzione migliore sarebbe la deduzione di tutti i costi. Ovvero la possibilità da parte di qualunque soggetto di dedurre tutte le spese e costi quali ricevute, fatture, ticket etc, etc di qualsiasi tipo, anche non inerenti alle attività svolte dagli stessi soggetti (per esempio, un lavoratore dipendente potrà dedurre come spesa la fattura dell’idraulico: se io posso dedurre chiedo sicuramente la fattura e l’idraulico la emette e paga iva ed imposte).

Con questo sistema diventa ininfluente il mezzo di pagamento perché ho realizzato il controllo a monte.

Le conseguenze della direzione che stiamo prendendo

L’impressione è che questa misura di chi non vuole alzare il limite sia più punitiva e demagogica ed agli effetti pratici avrà scarsissima efficacia per quello per cui si propone e cioè la lotta all’evasione!

Ma si pensa veramente che così possiamo fermare i grandi evasori, la mafia, i trafficanti etc etc? La lotta senza confine e pietà deve essere fatta al riciclo delle grandi transazioni internazionali: lì bisogna intervenire, bloccare i paradisi fiscali, colpire la commistione mafia – economia. Uno stato moderno deve concentrarsi su questi punti!

Indignarsi sul limite dei 10000 euro è ridicolo, inadeguato e “colpisce” solamente le persone che lavorano e producono nel sano circuito della nostra economia e quindi colpisce anche la stessa economia!

Ripeto bisogna andare a monte, capire la nostra reale situazione; abbassare le tasse, rendere deducibili spese e costi etc etc; in altre parole quando abbiamo creato un sistema nel quale tutto viene fatturato con possibilità di dedurre per tutti, il sistema di pagamento diventa la cosa meno importante. 

La cosa che irrita di più è che i mafiosi ed i grandi evasori si stanno facendo delle grasse risate su questo limite dei 10000 euro!

Per il futuro dell’Italia servono urgenti riforme fiscali

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RIFORME FISCALI MASSIMILIANO SAMMARCO - Per l’Italia quella delle riforme fiscali ed economiche non è solo una necessità non più rimandabile, è una grande sfida e un nodo da sciogliere per il futuro del Paese.

La rivoluzione fiscale necessaria per l’Italia

La rivoluzione fiscale che proponiamo dovrebbe muoversi sul doppio binario pubblico-privato. Il pubblico interviene nelle grandi opere, mentre il privato entra con le sue attività imprenditoriali a sostegno dello Stato e per realizzare progetti industriali innovativi che creino occupazione e cultura e redistribuiscano ricchezza tra i cittadini. Sono urgenti misure e scelte eccezionali per trasformare definitivamente l’Italia in una nazione moderna e all’altezza delle sue possibilità.

Burocrazia semplice, equa tassazione, incentivi ed aiuti alle imprese sia sul mercato nazionale che internazionale, fisco amico, possibilità di interloquire con qualsiasi apparato burocratico dello Stato, normative chiare con propensione a modificare indirizzi e norme a seconda delle nuove situazioni dettate dal mercato.

Queste riforme non devono guardare all’immediato, al presente, ma a uno sviluppo futuro con una visione inclusiva produttiva (una riforma lenta - passo dopo passo - ma costante nel tempo, che cambi completamente le radici dell’impianto tributario). Il principio ispiratore è quello dell’investimento, dello Stato che fa ciò che l’impresa da sola non può fare e che promuove innovazione: se attiro attività sul territorio con incentivi fiscali a breve termine, a lungo termine creerò un indotto economico di crescita e di ricchezza (non solo economica ma soprattutto culturale). Con un piano così strutturato anche le imprese straniere potranno decidere di stabilirsi in Italia.

Aiuti a imprese e infrastrutture

Le imprese cercano condizioni ottimali per poter investire e produrre: servono incentivi per chi assume, per chi porta nuova tecnologia sul territorio; serve una diversa tassazione, con aliquote più basse rispetto a quelle ordinarie, per chi vende sul mercato internazionale; serve la possibilità di operare anche come un holding di partecipazione per tutte le proprie succursali nel mondo e quindi anche in questo caso con un trattamento differente rispetto alla normale tassazione dei dividendi ricevuti da succursali straniere. 

E poi ancora: le infrastrutture ed i collegamenti sono fondamentali per la crescita economica di un’area geografica. Dal primo gennaio 2018 c’è una legge in vigore in Italia che riguarda la Zona speciale economica, che interessa tutti i porti del Sud Italia, scritta e realizzata sui modelli delle zone franche di Barcellona, Rotterdam, Suez; ma nessuno lo sa e la cosa più grave è che nessuno fa niente per portare avanti questi progetti.

Uno Stato illuminato deve anche semplicemente capire perché un'impresa trasferisce la sua sede all’estero e poi provare a ricreare in Italia quelle stesse condizioni - o anche di migliori - economico-giuridiche che l’impresa ha trovato all’estero. Se poi in Italia si pensasse davvero ad abbassare le tasse, con uno schema fiscale più equo, si contribuirebbe a risolvere il problema del nero e dell’evasione e si lascerebbero maggiori risorse ai privati per rilanciare i consumi: con aliquote più basse, tutti pagano e lo Stato incassa di più!

LEGGI ANCHE ---> Una proposta di legge per le delocalizzazioni selvagge

Holding italiane

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HOLDING ITALIANE - Per l’Italia quella delle riforme fiscali ed economiche non è solo una necessità non più rimandabile, è una grande sfida e un nodo da sciogliere per il futuro del Paese. Uno Stato illuminato deve semplicemente cercare di ricreare in Italia quelle stesse condizioni ( o migliori ) economiche-giuridiche-fiscali che le imprese internazionali trovano negli altri Paesi esteri. Per incentivare gli investimenti stranieri in Italia abbiamo anche bisogno di una legge che possa regolamentare le cosiddette “Holding” e noi le potremmo chiamare SOCIETA`DI PARTECIPAZIONE ITALIANA (SPI)

HOLDING ITALIANE, SOCIETA`DI PARTECIPAZIONE ITALIANA (SPI)

Prevedere la possibilità per gli investitori esteri di costituire in Italia società di partecipazione finanziaria ed industriale con i seguenti vantaggi e condizioni:

Dovrà essere prevista la totale esclusione da questi benefici fiscali delle SPI di tutte le attività bancarie, finanziarie e simili.

LEGGI ANCHE ---> Il problema della legge regolatrice del Trust

Il problema della legge regolatrice del Trust

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TRUST - Il tema del passaggio patrimoniale alle generazioni future costituisce una questione di primaria importanza per la nostra società. Una soluzione pratica a tali problemi può essere data dall’utilizzo dell’istituto del Trust. Costituisce uno degli strumenti più efficaci e sicuri, per la conservazione e la trasmissione del proprio patrimonio. Tale istituto, profondamente radicato nei sistemi di common law, ha il pregio di poter essere utilizzato come uno strumento più flessibile rispetto a quelli previsti dal nostro ordinamento. Esempi sono il patto di famiglia, snellendo gli intricati meccanismi successori previsti dal nostro codice civile.

Il Trust 

Innanzitutto, è necessario definire l’istituto del Trust.

Il Trust (dall’inglese “to trust”: affidarsi, aver fiducia) è una figura giuridica del diritto anglosassone che permette di conferire parte del patrimonio di una persona vincolandolo ad uno scopo definitivo. La ”Convenzione Internazionale sulla legge applicabile ai Trust e sul loro riconoscimento”, adottata all’Aja il primo luglio 1985, definisce l’istituto come l’insieme dei rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente, con atto inter vivos o mortis causa, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un Trustee (ovvero chi amministra i beni) nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato[1].

Uno tra gli elementi caratteristici del Trust che in questa sede ci proponiamo di affrontare, riguarda la scelta della legge regolatrice. Nel caso specifico esamineremo la fattispecie relativa al caso in cui il disponente non abbia dato alcuna indicazione sulla legge applicabile o abbia indicato, erroneamente, la legge di uno Stato che non preveda una regolamentazione dell’istituto.

La legge regolatrice del Trust 

L’importanza dell’individuazione della legge regolatrice viene sancita dagli articoli 8 e 11 della Convenzione dell’Aja.

L’articolo 8 prevede che la legge, indicata dal settlor[2] regoli la validità, l’interpretazione, gli effetti e l’amministrazione del Trust.

L’articolo 11 invece prevede che la scelta di una legge regolatrice, costituisce il presupposto per aversi un Trust, e cioè, per far in modo che i beni in Trust rimangano distinti dal patrimonio personale del Trustee[3].

Tale disposizione è resa affinché il Trustee abbia la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio o di comparire davanti a notai o altre persone che rappresentino un’autorità pubblica. Per risolvere il problema della legge applicabile, l’interprete dovrà fare riferimento alla “Convenzione relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento” [4]. In base all’art. 6 della suddetta Convenzione, il Trust viene regolato dalla legge prescelta dal disponente. Questo trasferisce i suoi beni, in toto o in parte, al Trustee, per amministrarli a favore di un terzo, definito “beneficiario”.

Alcune problematiche legate al Trust

La scelta della legge regolatrice del Trust può essere espressa o può risultare dalle disposizioni dell’atto che istituisce il Trust. Il problema che qui ci occupa, investe i casi in cui nell’atto istitutivo del Trust non venga indicata alcuna legge o, ove questa venga scelta, questa sia di uno stato che non regolamenti l’istituto del Trust.

Pensiamo al caso del padre di famiglia, il quale, data l’età avanzata, decida di garantire il proprio figlio, ancora minorenne, con un Trust. Affida quindi in amministrazione il proprio patrimonio, in toto o in parte, ad un Trustee. Al momento dell’atto istitutivo del Trust, il disponente, indica quale legge regolatrice quella dello stato italiano. Sebbene, in realtà, il nostro ordinamento non regoli direttamente l’istituto. A questo punto bisogna chiedersi se l’erronea indicazione costituisca elemento sufficiente per far valere il vizio della nullità nei confronti dell’intero atto istitutivo; o se, invece, possa essere sufficiente modificare l’articolo di riferimento relativo all’applicazione della legge regolatrice indicata erroneamente.

Come si risolve? 

La risposta a tale interrogativo si può ritrovare all’interno dell’art. 7 della convenzione dell’Aja. Qualora vi sia stata una scelta erronea nella indicazione della legge regolatrice, si dovrà fare riferimento alla normativa dello Stato con la quale il Trust ha i “collegamenti” più stretti. Cioè del luogo in cui il Trust è prevalentemente localizzato. Per identificare tale luogo si dovrà fare riferimento, in via esemplificativa:

Tale articolo costituisce, dunque, una clausola di salvaguardia dell’intero atto istitutivo. Infatti permette, in mancanza di una corretta indicazione della legge regolatrice, di individuare quella, in realtà, applicabile al Trust.

L’interprete, quindi, al fine di capire se l’atto è modificabile o nullo dovrà verificare se il Trust presenti dei collegamenti con la legge di uno stato che regoli internamente tale istituto.

Altre situazioni legate all'interprete 

Qualora tutti gli elementi essenziali dell’atto istitutivo presentino solo ed esclusivamente legami con le leggi di stati non regolanti il Trust, questo pertanto dovrà essere considerato come non produttivo di effetti e quindi nullo.

L’erronea o mancata individuazione della legge regolatrice, invece, non porterà alla caducazione dell’intero atto costitutivo qualora il Trust presenti i “collegamenti più stretti” così come indicati dall’art.7 della Convenzione dell’Aja.

In tali casi, infatti, l’interprete, individuato il luogo in cui è prevalentemente localizzato il Trust, potrà far ritenere applicata la legge di tale stato.

Eventualmente potrà anche procedere a far modificare al disponente o al Trustee l’atto istitutivo indicando la nuova legge regolatrice più favorevole al Trust.

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[1] Art. 2 “Convenzione relativa alla legge applicabile ai Trust ed al loro riconoscimento”.

[2] Il disponente.

[3] È il c.d. “Effetto segregativo del trust”, in base al quale i beni conferiti nel fondo in trust danno vita un patrimonio distinto, separato rispetto al patrimonio residuo del disponente, dei beneficiari e del trustee.

[4] La Convenzione è stata ratificata in Italia il 21 febbraio 1990 ed è entrata in vigore il primo gennaio 1992.