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Aiuti di stato: davvero utili?

4 Maggio 2021
- Di
Ginanneschi
Tempo di lettura: 3 minuti

AIUTI DI STATO - Maggio 2021: la crisi economica dovuta alla pandemia di covid-19 imperversa globalmente affligendo ancora il bel paese che cerca con tutte le sue forze di rialzarsi. Ad affrontare la delicata questione degli aiuti di stato e dei sussidi abbiamo un esperto del settore economico:  Marco Ginanneschi.Le politiche economiche nel corso del tempo hanno degli impatti spesso molto diversi da quelli auspicati dagli interventi legislativi perché le variabili sono molte e non sono prevedibili i tempi e le risposte del mercato, con la manifestazione, molto spesso, di effetti distorsivi che possono ridurre drasticamente i benefici attesi.

Il nodo cruciale degli ultimi mesi della pandemia, tra “potenze di fuoco” e le versioni infinite dei “decreti ristori”, oltre alla affannosa corsa all’aggiornamento in tempo reale, a carico di professionisti del settore e imprese, sta creando gli effetti desiderati per ridurre i danni sull’economia reale?

La sfida è appena cominciata: riusciremo ad utilizzare in maniera adeguata e trasparente oltre 220 miliardi di euro in 6 anni, quando nell’ultimo settennato di programmazione 2014-2020 abbiamo speso neanche la metà di circa 48 miliardi?

Il mondo produttivo sembra affondare sempre di più nelle sabbie mobili della burocrazia che prolunga i tempi di attesa dei sussidi, finora visti come l’unica boccata di ossigeno per la sopravvivenza aziendale. Probabilmente dimentichiamo troppo spesso che per l’azienda non è sufficiente la sopravvivenza, quanto il “going concern” che dovrebbe avere basi solide per proiettare sviluppo e crescita.

Aiuti di stato: misure emergenziali

La visione prospettica risulta appiattita, gran parte degli imprenditori sono costretti a rincorrere le misure emergenziali che stanno facendo piegare la testa sulle esigenze primarie e contingenti togliendo lo spazio necessario alla programmazione di una strategia anche solo di medio termine.

Gli aiuti di Stato, erogati a pioggia e in maniera confusa sembrerebbero prolungare delle agonie già iniziate in epoca pre-covid, in quanto la nostra memoria, troppo spesso di breve termine, sembra aver oscurato il fatto che abbiamo avuto quasi un decennio di crescita attorno allo zero del nostro PIL.

Se guardiamo alla capacità di spesa dei fondi europei troviamo la vera risposta: l’Italia nel ventennio preCovid preso in considerazione è al penultimo posto in Europa sulla capacità di spesa dei fondi assegnati e per giunta troppo spesso impiegati su progetti che non hanno causato benefici economici attesi di medio-lungo termine.

Se l’obiettivo è quello della sopravvivenza allora le misure adottate possono essere condivisibili, ma se abbiamo la capacità di guardare verso un orizzonte diverso allora occorre rilanciare le infrastrutture energetiche, lo sviluppo tecnologico, la salvaguardia per l’ambiente e soprattutto le politiche per adeguate tutele sociali.

Queste sono tutte macrotematiche presenti nel documento presentato in UE per i fondi Next Generation che potrebbero provocare in Italia un “secondo rinascimento”.

La sfida è appena cominciata: riusciremo ad utilizzare in maniera adeguata e trasparente oltre 220 miliardi di euro in 6 anni, quando nell’ultimo settennato di programmazione 2014-2020 abbiamo speso neanche la metà di circa 48 miliardi?

Parola d’ordine: sburocratizzazione

Velocemente occorre sburocratizzare i tempi di risposta delle PA attraverso procedure più snelle e trasparenti con una revisione anche del codice dei contratti pubblici che dovrebbe almeno avvicinarsi a criteri di funzionamento degli altri paesi europei più virtuosi.

Perché dal 1999 al 2019 l’Italia ha una crescita del PIL inferiore all’8%, quando Spagna, Francia, Inghilterra e Germania hanno raggiunto una crescita tra il 32 e il 43%?

Se guardiamo alla capacità di spesa dei fondi europei troviamo la vera risposta: l’Italia nel ventennio preCovid preso in considerazione è al penultimo posto in Europa sulla capacità di spesa dei fondi assegnati e per giunta troppo spesso impiegati su progetti che non hanno causato benefici economici attesi di medio-lungo termine.

La strada maestra quindi è una efficace programmazione coinvolgendo gli stakeholders sul territorio attraverso brevi e incisive fasi di pubblica consultazione, una attenta verifica sullo stato di avanzamento dei progetti ed infine una puntuale rendicontazione delle risorse utilizzate, diversamente rischieremo di avere in mano una potente fuoriserie senza le istruzioni d’uso per la guida. Per non sbandare alla prima curva, questo periodo di preparazione sarà fondamentale per testare tutte le competenze che possiamo mettere in campo.

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